Dopo un lungo periodo di incertezza iniziato all’indomani delle elezioni politiche della scorsa primavera in Serbia, dovuto in parte all’attitudine del paese balcanico di procedere o meno verso un futuro ‘a dodici stelle in campo blu’, il neo eletto presidente Oliver Dulić, dello schieramento democratico, è riuscito finalmente a convocare lo scorso 1 ottobre il nuovo Parlamento. Il futuro dovrebbe ripartire da qui.
Appena 32enne, ex-studente ribelle, Dulić incarna la Serbia di domani, protesa verso una sempre maggiore integrazione europea.
I segni di una storia tormentata
Una storia tormentata quella dell’ex-paese jugoslavo, segnata dagli anni del regime di Milošević, dal conflitto sanguinario che ha dilaniato la ‘grande Jugoslavia’ di Tito, le violenze in Kosovo, le sanzioni dell’ONU… e culminata nell’attacco delle forze NATO del 1999. Ma il tunnel imboccato non vede ancora oggi la fine, almeno fino a quando non saranno consegnati tutti i criminali di guerra ricercati dal Tribunale penale internazionale. Un tunnel lungo e tortuoso, riflesso negli edifici sventrati ma ancora presenti al centro di Belgrado, come a ricordare un passato non ancora digerito.
Come risultato di questi anni bui, la Serbia è stata di fatto tagliata fuori dal resto dell’Europa. Ancora oggi, oltre il 70% degli studenti non ha mai viaggiato al di fuori dei confini nazionali, anche perché un visto per l’espatrio può a volte risultare irraggiungibile. Nelle facce della gente a Belgrado c’è però voglia di riscatto, desiderio di un futuro fatto di pace e prosperità da regalare alle nuove generazioni.
In occasione del seminario interparlamentare fra i due blocchi tenutosi la scorsa settimana nella capitale serba, abbiamo avuto l’opportunità di scambiare quattro battute con il presidente Dulić. Ecco cosa ci ha detto.
La Serbia nell’Unione europea
L’ingresso in Europa della Serbia fa molto discutere in seno al Parlamento serbo. Il presidente Dulić si ritiene un politico europeista e guarda con favore al ruolo dell’Unione europea nei Balcani. “La decisione finale sul Kosovo rappresenta il fattore chiave delle nostre relazioni con l’Unione europea – esordisce – e su questo abbiamo dibattuto e dibatteremo a lungo. Io, personalmente, ritengo molto positivo l’impegno dell’Ue per una soluzione che rispetti gli standard internazionali e allo stesso tempo gli interessi delle due parti in causa”. Dulić ci fa poi partecipi del sentimento generale che pervade il paese: “Per la Serbia è cruciale un compromesso, che non solo ci aiuti a salvare la faccia, ma che porti finalmente a una storica riconciliazione fra serbi e albanesi, elemento centrale per la stabilità dell’intera regione”.
Lanciando uno sguardo al futuro ingresso della Serbia nell’Ue, Dulić si mostra abbastanza fiducioso: “Al riguardo c’è un dibattito in corso in seno all’Unione europea, anche se c’è chi nutre forti dubbi sul fatto che la zona balcanica possa fare un giorno parte dell’Europa. Ma sono sicuro che se arriveremo a una soluzione in Kosovo, il processo di adesione continuerà più facilmente”.
Il popolo serbo e l’idea d’Europa
Il popolo serbo sembra aver risposto positivamente all’idea di un futuro nell’Unione europea. “Gli ultimi sondaggi – racconta il presidente serbo – ci dicono che il supporto della popolazione è salito a oltre il 70%, un risultato molto incoraggiante per chi, come noi, sta lavorando per cambiare questa società”. I problemi ci sono, ma Oliver Dulić sembra non preoccuparsene più di tanto. “E’ normale che ci sia qualcuno che non la pensa così, dato che questo cambiamento avrà un grosso impatto sulla vita di tutti, e a questo punto iniziale del processo è legittimo essere pessimisti”.
Dulić è però sicuro che un eventuale ingresso in Europa significherebbe un miglioramento delle condizioni di vita del suo paese: “Con l’Ue avremmo una vita più normale, sicura, così come un’economia solida. Pur con i problemi interni che stiamo vivendo, unitamente alle tensioni sociali e alla situazione economica incerta, che rendono il momento difficile, sono sicuro che la popolazione starà dalla nostra parte. L’Ue rappresenterà un fattore di stabilizzazione, ci aiuterà a risolvere molti problemi”.
La gioventù come valore aggiunto
Il presidente dell’assemblea nazionale serba è molto giovane. “Ho 32 anni”, dice, “il doppio di quelli della democrazia serba! Rappresento una nuova generazione di politici, non legata al fardello del passato”. La sua giovane età la sente quindi come un chiaro vantaggio: “Il mio partito ha puntato su di me per riuscire a portare un’aria nuova nella vita politica del paese, e per spingere altri partiti a fare lo stesso. Sono sempre pronto a trovare compromessi, e questo, forse, è il motivo per cui sono qua, in questo delicato momento per la Serbia”.