New York. E’ arrivato il giorno della resa dei conti. Dopo essersi dati battaglia a distanza per mesi, Barack Obama e Mitt Romney questa sera si troveranno per la prima volta uno accanto all’altro. Si affronteranno nel dibattito presidenziale alla University of Denver, in Colorado, nel primo di tre confronti che nelle prossime settimane metteranno di fronte il presidente degli Stati Uniti e l’uomo che sta cercando di sfilargli la poltrona nello Studio Ovale.
Dopo il faccia a faccia di martedì prossimo fra il vicepresidente Joe Biden e il deputato del Wisconsin Paul Ryan, scelto dall’ex governatore del Massachusetts come compagno nella corsa alla Casa Bianca, Obama e Romney si sfideranno in altre due occasioni: il 16 ottobre alla Hofstra University di New York e il 22 ottobre alla Lynn University di Boca Raton in Florida. La formula è sempre la stessa da quando nel 1960 andò in onda il primo dibattito televisivo, attirando 66 milioni di spettatori e consegnando la vittoria a un più telegenico John Kennedy, allora senatore del Massachusetts, contro il vicepresidente Richard Nixon, che sudava davanti alle telecamere visibilmente a disagio. Dal 1976 i candidati alla presidenza si sfidano in tre dibattiti. Quelli che lasciano il segno nella memoria degli americani sono però il primo, durante il quale gli spettatori vedono per la prima volta i due candidati sullo stesso palco, e l’ultimo, quello che avranno in mente prima di recarsi alle urne il prossimo 6 novembre. Proprio in questo schema Obama potrebbe trovare un piccolo vantaggio. Gli argomenti dei dibattiti sono infatti decisi in anticipo dagli organizzatori e quest’anno le questioni economiche, quelle che più spaventano il presidente, saranno seppellite nel secondo dibattito. Il primo confronto sarà dedicato alle questioni di politica interna, mentre il terzo agli affari esteri e alla sicurezza nazionale, una questione che Obama credeva di aver chiuso con l’uccisione di Osama bin Laden ma che è tornata improvvisamente d’attualità dopo l’omicidio dell’ambasciatore Chris Stevens a Bengasi, in Libia. L’arbitro di questa sera sarà Jim Lehrer, 78 anni, giornalista di Pbs con alle spalle undici dibattiti presidenziali. Un altro piccolo aiuto Obama lo ha ricevuto proprio da lui. Lehrer ha infatti imposto una modifica al regolamento: si passerà dalle classiche nove domande con dieci minuti di tempo per le risposte a sei di quindici minuti ognuna. Questa nuova struttura potrebbe teoricamente favorire Obama, abile oratore, rispetto a Romney, più timido e impacciato. Qua si annida però uno dei timori dei consiglieri di Obama, convinti che il presidente potrebbe lasciarsi prendere la mano nelle risposte risultando noioso e poco diretto. Obama è molto bravo nei discorsi pubblici, quelli che lo hanno lanciato fino alla presidenza, ma è fuori allenamento nei dibattiti, a cui non prende parte da quattro anni. Negli ultimi mesi Romney ha invece partecipato, con discreti risultati, a oltre venti dibattiti durante i quali è stato costantemente sotto assedio. Entrambi gli sfidanti sono preoccupati, e hanno passato le ultime ore ad allenarsi. Romney ha sfidato in ripetuti dibattiti il senatore dell’Ohio Rob Portman, nei panni del presidente, mentre Obama si è rinchiuso in un resort nel deserto del Nevada usando come sparring partner il senatore del Massachusetts John Kerry, considerato da molti un clone democratico di Romney. Un’altra delle paure che aleggia fra i corridoi della Casa Bianca è che il presidente non ottenga una vittoria travolgente, come pronosticato da tutti, e che un’affermazione più di misura potrebbe essere interpretata come un passo falso. Per questo motivo negli ultimi giorni c’è stata una corsa a smorzare le aspettative, con i due candidati e i loro staff che hanno speso parole di elogio, le uniche forse di questa campagna, nei confronti dell’avversario. Quello che è certo è che per i due candidati i novanta minuti di questa sera saranno probabilmente i più importanti della campagna elettorale, e forse della carriera.
Il Giornale, 3 ottobre 2012 (Pag 14)