Se venisse scelta per correre insieme a Joe Biden verso la Casa Bianca, la senatrice del Wisconsin Tammy Baldwin sarebbe la prima candidata alla presidenza apertamente gay nella Storia degli Stati Uniti. Per lei non sarebbe una novità: già nel 1998 era diventata la prima donna gay a entrare in Congresso, venendo eletta prima alla Camera, dove è restata 14 anni, e poi al Senato, dove è al secondo mandato. Non è per questo, però, che il team del candidato democratico la sceglierebbe: le prime volte piacciono agli elettori democratici, dicono gli analisti, ma Tammy Baldwin è soprattutto un punto di riferimento nel mondo progressista e aiuterebbe il moderato Biden a recuperare voti a sinistra. «Ho sempre cercato di non fare la Storia, ma la differenza», ha precisato lei in passato. Fra le altre cose, ha sostenuto il Medicare for All di Bernie Sanders – l’estensione della copertura sanitaria gratuita per tutti i cittadini – e recentemente si è detta favorevole alla riforma della polizia, finita sotto accusa a livello nazionale dopo l’omicidio di George Floyd.
Come ha notato il suo collega Barney Frank, ex deputato gay del Massachusetts, Baldwin non ha mai perso un’elezione – la prima candidatura risale al 1986, quando aveva 24 anni – e un po’ di scaramanzia, magari, aiuta. Però, ha aggiunto Frank, ha due problemi: «Non è nera, e non è Elizabeth Warren». È vero, ma nonostante questo potrebbe aiutare il partito a riconquistare il suo Stato, uno dei tre – insieme a Michigan e Pennsylvania – che hanno portato Trump alla presidenza nel 2016 per un totale di 77 mila voti. Al di là dei numeri, Baldwin ha ammesso più volte di essere in contatto con il team Biden, ha confermato che accetterebbe senza dubbi se venisse scelta, ma non si è mai sbilanciata sulle sue effettive possibilità. «Tengo queste conversazioni riservate. Dobbiamo soltanto vincere», ha affermato a giugno a una rete televisiva di Milwaukee, mostrando un notevole senso della squadra.
Corriere della Sera, 13 luglio 2020