Con una scheda elettorale depositata in anticipo a Palm Beach, in Florida, Donald Trump ha provato a dare la scossa ai repubblicani in vista delle presidenziali del 3 novembre. Il presidente degli Stati Uniti ha votato sabato mattina in un seggio allestito nella biblioteca pubblica di West Palm Beach, non distante dal golf club di Mar-a-Lago dove lo scorso anno ha trasferito la residenza. Ad attendere la limousine presidenziale c’era una discreta folla che inneggiava a un secondo mandato scandendo lo slogan «Four More Years», altri quattro anni. Quello di Palm Beach era l’evento principale, ma la campagna elettorale ne aveva organizzati altri in tutto lo Stato per spingere il voto anticipato dei repubblicani che, stando ai primi dati, sarebbero piuttosto indietro: il governatore Ron DeSantis, stretto alleato di Trump, è sceso in campo a Naples, il deputato ed ex giocatore di football John Rutherford era a Jacksonville, l’ex marine Mark Geist — divenuto un simbolo conservatore per aver combattuto nella «battaglia di Bengasi» in cui morì l’ambasciatore americano Chris Stevens — è intervenuto a Pensacola, il deputato Michael Waltz si è recato a Ormond Beach.
I democratici hanno risposto schierando l’artiglieria: nel weekend è arrivato a Miami l’ex presidente Barack Obama, ma la spinta di Trump, almeno in parte, ha mobilitato i conservatori. In Florida — terzo Stato per affluenza anticipata alle urne: sabato mattina avevano già votato 5,2 milioni di persone su una popolazione elettorale di 17 milioni circa — il vantaggio dei democratici si è ridotto, ma resta sempre ampio: fra coloro che hanno già espresso la propria preferenza nel Sunshine State, 2,3 milioni sono registrati nelle liste elettorali come democratici, 1,9 milioni come repubblicani, mentre 1 milione non ha affiliazioni. Al momento, in Florida, Biden avrebbe dunque un vantaggio di circa 400 mila voti, attestandosi al 43,3% contro il 36% del presidente.
Quelli che arrivano dallo Stato in bilico per eccellenza, seppure preliminari, sono tuttavia dati in linea con il resto del Paese. Secondo il sito U.S. Elections Project, a 10 giorni dalle elezioni hanno già votato 56 milioni di americani, di persona (17,4 milioni) o via posta (38,5 milioni): nel 2016 furono 47 milioni quelli che votarono in anticipo, mentre in totale si recarono alle urne 136 milioni di persone. A guidare la classifica sono il Texas con 6,8 milioni di voti già espressi su una popolazione elettorale di 21 milioni, la California con 6,1 milioni su 30 milioni e, appunto, la Florida. Si tratta dunque di un’affluenza record che, dalle prime indicazioni, sarebbe molto favorevole ai democratici. Finora sono disponibili soltanto i dati dei 19 Stati che prevedono la registrazione a un partito, dove hanno votato in anticipo 25,6 milioni di cittadini: 12,7 milioni sono democratici, 7 milioni sono repubblicani e 5,7 non sono affiliati a un partito.
Fra i 19 Stati che forniscono dati c’è sì la California progressista, dove i democratici hanno già un vantaggio di 2,1 milioni di voti (3,4 milioni contro 1,3 milioni dei repubblicani sui 6,1 totali), ma anche Stati in bilico — e vitati per i due candidati — come la North Carolina (2,9 milioni di voti anticipati, democratici in vantaggio di oltre 300 mila schede) e la Pennsylvania (hanno votato 1,4 milioni di persone, i democratici sono in vantaggio di oltre 700 mila). Sono dati preliminari e parziali, ma Biden sarebbe avanti praticamente ovunque: il 49,6% di chi ha votato in anticipo è registrato con i democratici, il 27,5% con i repubblicani.
Corriere della Sera, 24 ottobre 2020