La rottura fra Donald Trump e Rupert Murdoch si è consumata sulla prima pagina del New York Post, con un editoriale pubblicato nell’ultimo lunedì dell’anno. «Signor presidente, basta follie. Hai perso le elezioni, ma così puoi salvare la tua eredità e il Paese», titolava il tabloid di proprietà dello «Squalo», giornale che dal principio ha sostenuto la cavalcata presidenziale dell’immobiliarista della 57esima strada, protagonista per decenni della rubrica di gossip Page Six, ma che ora ha deciso di mollarlo. O meglio, di provare a manovrarlo, cosa finora non riuscita ai leader (e agli opinionisti) repubblicani, in precario equilibrio fra la narrativa del presidente e le esigenze del partito, e timorosi di perdere l’elettorato in mano a Trump. «È ora di finirla con questa farsa, stai incitando un colpo di Stato antidemocratico», scrive l’editorial board, scegliendo con chirurgica cura le parole di un articolo intriso del pragmatismo conservatore e, soprattutto, scaturito dai rapporti mai semplici fra Trump e l’89enne magnate di origine australiana.

«Hai tutto il diritto di fare indagini sulle elezioni, ma siamo chiari: non hai trovato nulla», spiega il Post, mettendo in fila le acrobazie di un presidente che, a distanza di quasi due mesi dal voto, non ha ancora voluto ammettere la sconfitta. «La tua campagna ha speso 3 milioni di dollari per il riconteggio in Wisconsin e Joe Biden ha finito per prendere 87 voti in più. In Georgia ci sono stati due riconteggi manuali, che hanno confermato la sua vittoria e smontato la teoria di una cospirazione venezuelana», prosegue il tabloid, sostenendo che l’avvocatessa Sidney Powell sia semplicemente «pazza» e che l’invito ad adottare la legge marziale da parte dell’ex consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn, appena graziato, «equivalgano ad alto tradimento».

Alle bastonate, necessarie ad attirare l’attenzione di Trump, segue poi una carezza strategica, con cui il quotidiano di News Corp — lo stesso gruppo della rete televisiva Fox News, megafono del trumpismo per cinque anni che sta ora a sua volta prendendo le distanzeprova a indicare la rotta a un presidente fuori controllo, che vuole soltanto la lealtà assoluta. «Capiamo che sei arrabbiato per questa sconfitta, ma continuare così è disastroso. Da giornale che ti ha appoggiato, ti offriamo un consiglio: se vuoi aumentare la tua influenza, e magari mettere le basi per un ritorno, devi incanalare la tua furia su qualcosa di produttivo», suggerisce il Post, giocando con gli istinti primordiali di un presidente ossessionato da vincitori e perdenti.

«Smetti di pensare al 6 gennaio», giorno in cui il Congresso certificherà in un atto formale il voto del collegio elettorale, «e comincia a concentrarti sul 5 gennaio»: quel giorno si terranno in Georgia i due ballottaggi per il Senato, e se i democratici dovessero vincerli entrambi otterrebbero la maggioranza. «Se invece i repubblicani David Perdue e Kelly Loeffler dovessero vincere», spiega il tabloid, «impedirebbero a Biden di annullare quanto hai raggiunto. Un senato in mano conservatrici eviterebbe il ritorno del fallimentare accordo sul nucleare iraniano, la riapertura del confine con il Messico e l’aumento dei giudici della Corte Suprema», il cosiddetto «packing» che alcuni democratici — non Biden — sognano per riequilibrare il massimo tribunale americano, e che i conservatori temono.

Come sfidasse un toro imbizzarrito, infine, il quotidiano di Murdoch sfodera un drappo rosso davanti agli occhi del presidente. «Ora immagina un governo controllato dalle tue nemesi: Nancy Pelosi alla Camera, Chuck Schumer al Senato e Joe Biden alla Casa Bianca. Quanto aumenteranno le tasse, quante tue iniziative saranno cancellate, quante udienze e indagini ci saranno sul tuo conto?», chiede con furbizia il Post, preparandosi alla stoccata finale.

«Hai cambiato la politica, una cosa che in pochi possono dire di aver fatto nella storia americana». Se la Georgia cade, conclude il quotidiano di Murdoch, «i democratici ti dipingeranno come un’aberrazione durata un solo mandato, e tu — francamente — li stai aiutando. Assicurarsi la vittoria in Georgia, invece, significa mettere al sicuro la tua eredità politica: puoi essere ricordato come un rivoluzionario, oppure come un anarchico con il cerino in mano, pronto a bruciare tutto».

Corriere della Sera, 29 dicembre 2020

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