Alexandra Hunt potrebbe essere la prima ex spogliarellista eletta in Congresso, e la prima a detenere un qualsiasi incarico a livello federale, ma a 28 anni è soprattutto un simbolo dell’enorme peso che grava sui giovani americani, quello del debito studentesco che spesso viene trascinato a rate (cospicue) fino alla mezza età: secondo la Federal Reserve, nel 2021 gli americani avevano un debito totale di 1.730 miliardi di dollari, che in alcuni Stati tocca una media di 39 mila dollari a testa. Candidata alle primarie democratiche per il Congresso nel terzo distretto della Pennsylvania, quello molto progressista di Philadelphia dove a maggio sfiderà il deputato in carica Dwight Evans, Hunt è data manager in una società biofarmaceutica e in passato ha lavorato negli strip club per pagarsi sugli studi, una laurea all’università della Virginia e due master in scienze e in salute pubblica.

Ha iniziato al primo anno di college, a Richmond, quando il lavoretto part-time come cameriera nella mensa del campus non le basta per coprire i costi: aveva bisogno di soldi e, come capita a volte alle studentesse in difficoltà, pensò di fare la spogliarellista. «Non avevo idea di cosa stessi facendo», ha raccontato al Washington Post. «Portai il curriculum, e mi risero addosso». Al primo spettacolo fu cancellata dal programma perché aveva dato il suo vero nome, ma nel 2014 riuscì a laurearsi con un anno d’anticipo, anche grazie ai soldi guadagnati ballando: gli altri li spese in attività di volontariato, come quella per la prevenzione dei suicidi che comincio in una riserva del South Dakota e con la quale ancora collabora. All’epoca non pensava che avrebbe mai dovuto raccontare a qualcuno i suoi trascorsi, ma tutto è cambiato durante la pandemia, quando ha deciso di candidarsi perché si era sentita «abbandonata dalla politica»: la campagna elettorale l’avrebbe resa un personaggio pubblico e sapeva di non poter nascondere questo capitolo della sua storia, anche se ormai lontano quasi dieci anni.

«Ero in contatto con parecchi lavoratori del sesso prima di candidarmi, e mi hanno chiesto di non lasciarli soli», ha spiegato. «Eppure devo trovare un equilibrio, non voglio diventare il volto del sex work: non per vergogna, o perché sia uno stigma, ma perché bisogna restituire qualcosa che è stato tolto a queste persone». Figlia di due insegnanti di Rochester, nello Stato di New York, Hunt preferirebbe parlare dei temi della sua campagna, dei programmi di aiuto in risposta alla pandemia o dell’estensione dell’assicurazione sanitaria a tutti i cittadini, alcune delle battaglie care all’ala più progressista del partito, ma stando ai suoi social media gli elettori sono piuttosto interessati al suo passato: i video con più visualizzazioni sul suo account TikTok sono spesso quelli in cui accenna alla sua esperienza di spogliarellista.

«I giovani pensano che sia stata un’esperienza “forte”, invece mi è costata delle batoste», sostiene, raccontando di aver recentemente perso il posto di allenatrice in una squadra di calcio giovanile quando i genitori hanno espresso dubbi sul suo passato. E allora ne parla, e spera che la sua onestà possa aiutare i lavoratori del sesso più marginalizzati, oltre a quelli con migliaia di follower su OnlyFans, ma al tempo stesso possa dare risalto alle sue battaglie politiche. Incontrare gli abitanti di Philadelphia, però, l’ha aiutata a «rompere le catene della vergogna: ora so che se le persone mi attaccheranno — e, dovessi arrivare in Congresso, succederà di sicuro — dipenderà soprattutto dalla loro misoginia».

Corriere della Sera, 7 ottobre 2021 (pag 16, newsletter AmericaCina)

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