Gli Stati Uniti hanno introdotto nei giorni scorsi un isolamento ridotto di cinque giorni per i positivi asintomatici, ma il virologo Anthony Fauci ha rivelato domenica sera che le autorità sanitarie americane stanno valutando di introdurre un tampone obbligatorio per coloro che vogliono tornare al lavoro. La raccomandazione del Centers for Disease Control and Prevention aveva infatti scatenato grandi polemiche, con gli esperti che riteneva azzardato rimandare in ufficio dei positivi asintomatici senza tampone: per questo il direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases ha spiegato in televisione al programma This Week della Abc che la regole potrebbero cambiare presto, con l’introduzione di un test obbligatorio al termine dei cinque giorni di isolamento.
«C’è stata un po’ di preoccupazione per il fatto che non richiediamo un tampone alla fine dei cinque giorni», ha spiegato il consigliere medico del presidente Joe Biden, diventato il simbolo della lotta alla pandemia. «È qualcosa che stiamo considerando. Il Cdc è consapevole che ci sono delle polemiche e sta valutando la situazione: penso che avremo delle novità già lunedì o comunque nei prossimi giorni». La raccomandazione dell’agenzia federale che sorveglia la salute degli americani era arrivata su pressione delle compagnie aeree e di altri settori essenziali, come quello sanitario, che chiedevano una quarantena più breve per non restare senza forza-lavoro: la variante Omicron, estremamente contagiosa ma non particolarmente pericolosa per chi è vaccinato, ha infatti decimato gli uffici e portato alla cancellazione di migliaia di voli.
Il Cdc di Atlanta aveva allora ridotto l’isolamento da dieci a cinque giorni, imponendo l’uso obbligatorio della mascherina per altri cinque giorni ma non un tampone perché, ha spiegato al Washington Post la direttrice Rochelle Walensky, in quella fase dell’infezione i test sono spesso inaccurati: possono dare risultato positivo anche quando il paziente non lo è più. Per gli esperti, però, la decisione del Cdc è troppo permissiva e rappresenta l’ennesimo passo falso della gestione americana. «Non inserendo un testo obbligatorio», ha spiegato su Twitter Saad Omer, direttore dello Yale Institute of Global Health, «ci saranno parecchie persone positive che infetteranno i colleghi sul posto di lavoro, aumentando i rischi per la salute pubblica e i disagi economici».
Il presidente Biden, tuttavia, è sotto accusa anche per lo scarso numero di tamponi disponibili. «L’amministrazione si trova davanti a un dilemma: gli esperti raccomandano un test negativo per mettere fine all’isolamento, ma al momento è molto difficile trovarne», ha spiegato al Washington Post Larry Levitt, esperto di salute pubblica della Kaiser Family Foundation. «La necessità di fare test, unita alla loro scarsa disponibilità, ha messo l’amministrazione in difficoltà». Anche un singolo tampone, però, potrebbe non bastare, come ha notato Jorge Caballero, ex docente della scuola di medicina di Stanford: l’ideale sarebbe un sistema simile a quello adottato in Gran Bretagna, dove i pazienti devono risultare negativi due volte prima di poter uscire dall’isolamento. Solo così, sostiene, si potrebbe contrastare la scarsa affidabilità dei test.
Corriere della Sera, 3 gennaio 2022