I prossimi 10 giorni di guerra saranno decisivi, sostiene l’ex tenente generale americano Ben Hodges in un articolo pubblicato dal Center for European Policy Analysis. L’esercito russo è a corto di uomini e munizioni, spiega, e lo Stato maggiore sa di correre contro il tempo, ma non sembra – almeno secondo l’intelligence americana – aver inviato altri uomini dalla madre patria. La sensazione è che la grande Armata di 900 mila uomini non sia poi così imponente come si credeva, altrimenti non si spiegherebbe il ricorso ai ceceni o ai 16 mila miliziani siriani. Sul versante ucraino, le forze occidentali continuano a inviare armi e rifornimenti alla resistenza che, anche se non può contrastare l’assedio all’infinito, resta ben più motivata degli aggressori. Per Mosca, nota inoltre Hodges, il tempo non corre solo sul versante militare: gli effetti delle sanzioni aumentano, il Paese è sull’orlo di un precipizio economico, in patria il risentimento aumenta e arrivano anche segnali di dissidenza.
Tenendo a mente le parole di Hodges, si possono interpretare meglio le dichiarazioni arrivate dal Cremlino in mattinata, più morbide verso Kiev ma dure contro l’Occidente. Il ministro degli Esteri russo Serghej Lavrov parlato di «intesa vicina su alcuni punti» dell’accordo: la sicurezza delle popolazioni russofone nell’est dell’Ucraina e la sua smilitarizzazione, oltre allo status di neutralità. Il capo dei negoziatori di Putin Vladimir Medinsky ha confermato che Kiev sarebbe disponibile ad assumere uno status di «neutralità smilitarizzata, stile Austria o Svezia», ma che si sta ancora discutendo delle dimensioni dell’esercito ucraino. Lavrov ha però aggiunto che l’Occidente non era interessato a una soluzione pacifica, come ha detto anche la portavoce del ministero Maria Zakharova. «Gli Stati Uniti — ha spiegato Lavrov — sono decisivi sulla posizione di Kiev».
Dall’altro lato della nuova cortina di ferro, il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg e il segretario alla Difesa americano Lloyd Austin sono intervenuti a un punto stampa spiegando che «l’invio di più soldati americani in Europa è un forte messaggio di unità transatlantica. Siamo molto grati – ha detto Stoltenberg – per il vostro supporto e per quello che fate nella parte orientale dell’Alleanza». La Nato ha risposto in modo unito all’invasione in Ucraina e «gli Alleati — ha aggiunto — hanno imposto sanzioni severe sulla Russia, fornendo anche aiuto: finanziario, militare e umanitario. Stiamo rafforzando le nostre forze a difesa: centinaia di migliaia di soldati sono in elevato stato di allerta, centinaia di migliaia di soldati Usa si trovano in Europa e 40 mila soldati sono al diretto comando della Nato, soprattutto nel versante est dell’Alleanza».
Corriere della Sera, 16 marzo 2022 (newsletter Guerra