L’Ucraina, a quasi un anno dall’invasione, ha molti fronti da gestire. I problemi militari si sommano a quelli più interni e a quelli dei rifornimenti Nato. Sull’altra barricata è sempre Evgeny Prigozhin a offrire spunti. Da spaccone.
Il capo della Wagner ha diffuso un breve video dove afferma di essere a bordo di un caccia Su-24 impegnato in un raid in Ucraina, uno «spot» con il quale ha lanciato una sfida a duello a Zelensky : «Domani volerò su un Mig-29. Se lo vuoi incontriamoci nei cieli. Se vinci prendi Artyomovsk (Bakhmut, ndr), in caso contrario avanzeremo fino al Dnipro». Secondo alcuni, il leader dei mercenari non sarebbe stato molto sobrio e probabilmente ha registrato la clip, diffusa dall’ufficio stampa, a scopi propagandistici. Nei mesi scorsi, nella sua polemica contro lo Stato Maggiore, ha spesso rimproverato i generali di restare lontani dal campo di battaglia mentre lui — come il ceceno Kadyrov — si è fatto vedere tra i reparti.
Del resto sono stati i suoi miliziani ad essere mandati al macello per aprire varchi nelle posizioni difensive nemiche. Gli occupanti, pur con le loro difficoltà croniche, non demordono sul fronte orientale. «Picchiano», martellano, perdono uomini a dozzine ma insistono. La spinta è sempre concentrata su Bakhmut e, a più a sud, su Vuhledar. Questa seconda località interessa perché fa da cerniera ed è uno snodo ferroviario. È noto che l’Armata russa è «fedele», per ragioni logistiche, ai treni. Da sempre. Sono alla base di molte offensive, contribuiscono al trasporto massiccio di corazzati e soldati. La resistenza, invece, è attesa da una duplice sfida: da un lato, deve difendere punti chiave, e dall’altra pensare a come poter liberare i territori.
Servono forze fresche, riserve per la rotazione, munizioni in quantità. Le testimonianze raccolte dai giornalisti nelle trincee ucraine raccontano le tattiche suicide dei russi, la costante richiesta di altri mezzi, la domanda se vale morire per centri ormai ridotti a rovine, con significato strategico relativo. La domanda è scontata: perché non ci siamo ritirati su posizioni meglio protette? La risposta è politica: le leadership ne hanno fatto una questione di principio, Putin vuole il suo «scalpo» e Zelensky non intende darlo. È l’aspetto crudo e cinico di tanti conflitti, ricorda molto le «cariche» tra i reticolati nella prima guerra mondiale.
Kiev, ricevendo aiuti enormi in denaro e armi, deve offrire garanzie ai donatori e combattere la corruzione profonda, male antico. In queste ore si susseguono notizie confuse sulla sorte del ministro della Difesa Reznikov, il cui vice è stato coinvolto in uno scandalo tangenti, così come altri funzionari. La sua sostituzione con l’attuale numero dell’intelligence Budanov sembrava imminente, un segnale chiaro della presidenza. Poi la storia del rimpasto è parsa rallentare. I tempi non cambiano la sostanza e non solo agli occhi dei cittadini: tra i repubblicani americani, ad esempio, cresce il «partito» di chi vorrebbe ridurre il supporto. Eventuali vicende giudiziarie possono diventare un buon pretesto per una «stretta».
Corriere della Sera, 6 febbraio 2023