Il mistero del Nord Stream riparte da un uomo e una donna. Lui, un soldato ventenne che vivrebbe a ovest di Kiev. Lei, una cittadina tedesca, ex compagna del militare, residente a Francoforte sull’Oder, con il quale ha avuto un figlio. Sono due tasselli, insieme ad altri, a dare maggiore forza ad una pista ucraina per il sabotaggio. Storia ancora lontana, però, dalla conclusione.
L’ATTACCO
Il 26 settembre le quattro esplosioni danneggiano la pipeline in più punti a circa 80 metri di profondità. Gli investigatori parlano inizialmente di 500 chilogrammi di esplosivo, però nuove analisi ritengono che fossero meno (circa 300), con ordigni più piccoli. Impiegata una sostanza potente, cariche che potevano essere trasportate — secondo una versione — dalla barca a vela Andromeda, modello Bavaria Cruise 50 di 15 metri. A bordo un commando di sei persone, compresa una donna e un medico.
La rete
A Berlino sembrano convinti che questo battello abbia avuto il ruolo centrale nonostante lo scetticismo di chi pensa ad un diversivo. Quali i dubbi? Scafo piccolo per ospitare il materiale. Assenza di una camera di decompressione. Difficoltà tecniche. Necessità di avere un appoggio logistico robusto. Gli interrogativi sono rimasti sul tavolo ma non hanno inciso più di tanto sulla ricostruzione che ha guadagnato terreno arricchendosi di spunti rilanciati da media nord europei. Secondo una delle «tracce» il militare ucraino ha raggiunto con falsi documenti romeni la città tedesca di Rostock dove si è unito al team di incursori che hanno poi usato Andromeda. Operazione finanziata da un ricco connazionale vicino al governo Zelensky e portata avanti con l’aiuto di un’agenzia viaggi polacca di proprietà di una ucraina originaria della Crimea. Sempre dal lavoro di scavo fatto dal giornale svedese Expressen è emerso che la donna, in possesso anche della nazionalità russa, avrebbe cambiato spesso identità e sarebbe ricercata per collaborazionismo da Kiev. Gli inquirenti tedeschi, a caccia di conferme, hanno esaminato con cura la barca a vela. Non solo hanno perquisito — sia pure in ritardo — il battello lasciato in un deposito ma lo hanno affidato agli uomini della Scientifica. Sono stati loro a recuperare campioni di Dna a bordo del battello per confrontarlo con quello della tedesca, l’amica del soldato, per capirci. Lei è stata interrogata mentre il suo cellulare è passato ai tecnici. Una verifica per uscire da una «foresta» dove i rami nascondono il tronco principale.
L’intrigo
In Germania la tesi che prevale — non definitiva — è quella di un atto pianificato dagli ucraini. Fonti statunitensi hanno considerato lo scenario di una missione condotta da un nucleo vicino all’intelligence ma che ha agito senza l’approvazione del governo. In parallelo c’era quella di agenti «deviati». Categoria classica dello spionaggio. Narrazioni buone per alleggerire eventuali responsabilità di Kiev che ha sempre negato. Linea difensiva indebolita, però, dalle mosse della sua intelligence militare, impegnata in un’azione senza limiti. Strategia per altro confermata dalle carte segrete del Pentagono che dicono molto sui progetti considerati dagli 007 dell’Ucraina. L’insieme dei dati restringerebbe il campo investigativo allontanando l’ipotesi di una provocazione da parte del Cremlino, teoria subito sostenuta da alcuni Stati nord europei. E in questo caso gli «indizi» sul ruolo ucraino sarebbero stati lasciati in modo da incastrarli.
Le navi
La presenza nei giorni precedenti all’esplosione di unità russe nel settore del gasdotto ha spinto a considerare la mano del Gru, lo spionaggio militare russo. Gli spostamenti «fantasma» erano parte della missione di sabotaggio? Dopo molti mesi questo scenario ha perso quota lasciando spazio al resto. Ma il nodo vero è che servono prove e nessuno vuole correre nell’arrivare ad una conclusione di un giallo dalle implicazioni globali.
Corriere della Sera, 3 giugno 2023 (prima pagina, pag 2 e pag 3 del 4 giugno)