La guerra provoca perdite immani, distrugge aree abitate, incenerisce mezzi a un ritmo infernale, costringe i contendenti a trovare soluzioni. Affidandosi all’usato — quanto sicuro non si sa —, all’arte di arrangiarsi, alle innovazioni.
L’account Twitter @Cit ha segnalato numerosi tank T54/T55 a bordo di vagoni ferroviari, un convoglio partito dal deposito di Arsenyev, a Primorsky Kray, nell’estremo oriente russo, base del 1295esimo centro della riserva. Li vedremo in Ucraina? Per ora è semplice ipotesi, nessuna conferma. Magari li hanno tirati fuori per qualche rievocazione storica. Oppure ne hanno bisogno davvero. La notizia è diventata dibattito tra esperti, con scetticismo e pragmatismo. Parliamo di carri ideati nella prima metà degli anni 40, sono dei veri residuati. Molti osservatori ritengono che abbiano poche possibilità, la loro corazza è «fragile» rispetto a quelle attuali, possono insorgere problemi tecnici e c’è da capire il loro “stato” d’efficienza, con conseguenti guai logistici.
Una piccola nicchia di analisti, però, fa un ragionamento pratico, insistendo sul concetto spesso apparso nel conflitto: la quantità ha la sua qualità. Qualsiasi mezzo sul campo di battaglia va fermato e questo comporta consumo di munizioni per farlo, sappiamo che gli ucraini non hanno le scorte ampie. I T55 potrebbero anche essere sistemati in zone meno critiche consentendo di spostare corazzati più recenti per missioni difficili. Valutazioni legate al precedente schieramento da parte di Mosca di tank «anziani» nelle seconde linee ma anche all’uso degli ucraini di equipaggiamenti non certo moderni, come le mitragliatrici Maxim. Sono discorsi al momento teorici, con una componente di propaganda. Forse è sufficiente attendere qualche settimana per avere una risposta.
Anche sul versante Nato devono trovare soluzioni, ed è un grande bazar. Il Washington Post ha rilanciato la questione dei tempi di consegna degli aiuti bellici, ma anche la necessità per i difensori di avere blindati in grado di trasportare truppe (un settore debole per Kiev). Washington fornirà a Zelensky i tank Abrams nell’arco di 8-9 mesi, non prima. E invece della versione più aggiornata (che avrebbe dovuto produrre) ha preferito ripiegare su un modello «in naftalina».
Gli Usa hanno offerto alla Slovacchia una dozzina di elicotteri d’attacco AH-1Z per compensare la cessione da parte dell’alleato di suoi caccia Mig alla resistenza. Proprio oggi Bratislava ha comunicato il trasferimento dei primi 4 velivoli. Il contratto completo prevede una spesa di un miliardo di dollari che include anche 500 missili Hellfire. Gli slovacchi dovrebbero sborsare 340 milioni, il resto è a carico degli americani. La Finlandia ha annunciato la prossima di fornitura di altri 3 Leopard da sminamento mentre ha sembra allontanarsi quella di caccia. Da seguire le mosse di Parigi. Una trentina di piloti ucraini — scrive Le Figaro — sono in Francia nelle basi di Nancy e Mont Marsan, potrebbero presto iniziare il training sui Mirage 2000. L’Eliseo ha messo a punto il piano dopo la visita di Zelensky nella capitale ma non ha ancora deciso se passare alla fase successiva con la fornitura di velivoli ormai in pensione. Un patto smentito dall’Ucraina.
Insieme al passato c’è il nuovo. Nell’attacco degli ucraini contro il porto di Sebastopoli sono stati usati droni aerei e marittimi. Nel primo caso la contraerea sarebbe riuscita ad abbatterne tre e il merito è stato, secondo la versione ufficiale, di due donne-marinaio che sono state insignite di un’onorificenza su ordine del ministro della Difesa Shoigu. C’è sempre nebbia sul drone, o barchino: per l’esperto HI Sutton potrebbe essere stato il battesimo del fuoco per un prototipo sviluppato grazie all’offerta di fondi, arma diversa da quella usata nell’ottobre 2022 dagli incursori. C’è una riservatezza scontata. Chi difende come chi va all’assalto deve tutelare le proprie tattiche.
Corriere della Sera, 23 marzo 2023