Un anno fa esatto il professore di ingegneria meccanica del Massachusetts Institute of Technology Gang Chen era stato arrestato perché considerato al servizio del suo Paese d’origine, la Cina. Il procuratore federale di Boston Andrew Lelling lo accusava di aver passato informazioni sensibili al gigante asiatico e di aver ricevuto grossi finanziamenti da Pechino, alcuni dei quali non denunciati al fisco americano, in particolare 2,7 milioni di dollari ricevuti da sette affiliati cinesi: ricevere denaro dall’estero non è reato, non notificarlo alle autorità invece sì. Solo che, ha scoperto il procuratore, Chen non era obbligato a rivelare le affiliazioni in questione.

Venerdì, un giorno dopo che il governo americano ha lasciato cadere le accuse, il dottor Chen – 58 anni, da oltre 20 cittadino americano – è tornato al lavoro nel suo laboratorio al Mit, l’ateneo che lo aveva difeso, ne aveva pagato la cauzione da un milione di dollari e aveva sempre sostenuto che si trattasse di una caccia alle streghe dell’era trumpiana. Prosciolto dalle accuse, Chen è stato inviato dai colleghi a prendere parte ad alcuni progetti già finanziati ma, sebbene rinunciare alla ricerca sia stata la cosa più difficile in questo anno, ha rifiutato: non è certo di sentirsi al sicuro nel fare domanda per fondi di ricerca del governo americano.

«Lavori duro, hai buoni risultati, ti costruisci una reputazione», ha raccontato al New York Times. «Il governo ottiene quello che vuole, e alla fine vieni trattato come una spia. Questa cosa ti spezza il cuore, ma anche la fiducia in te stesso». Il dottor Chen infatti è stato scagionato, scrive il quotidiano newyorkese, ma resta il danno alla reputazione e, soprattutto, alla scienza. Oggi, dice Chen, la persecuzione degli scienziati in America lo ha scosso, e gli fa vedere le cose in modo diverso.

La sua storia segna anche il fallimento della China Initiative, la stretta decisa nel 2018 dall’amministrazione Trump nei confronti dei cinesi d’America sospettati di spionaggio, o anche solo di trasferire tecnologia americana in Cina. «Non c’è niente di cui congratularsi», dice dei colleghi che gli scrivono in questi giorni per felicitarsi. «È solo una storia triste, triste per il Paese». È per questo che ha deciso di parlare: denunciare la China Initiative, per lui, era diventato un obbligo morale.

Corriere della Sera, 25 gennaio 2022 (newsletter AmericaCina)

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...